28 Feb 3.700 stufe pirolitiche Elsa realizzate e distribuite grazie al progetto Biochar Plus
Il programma EU ACP Science and Technology II ha reso disponibili i risultati del progetto Biochar Plus: l’iniziativa, coordinata dall’Università di Udine e realizzata in collaborazione con Starter, ha consentito la produzione e distribuzione di più di 3.700 stufe pirolitiche Elsa in Ghana, Zimbabwe, Etiopia e Sierra Leone. A questo dato, vanno aggiunti 48 agricoltori che hanno verificato l’aumento della produttività del suolo ottenuti grazie all’applicazione del biochar in Ghana, Sierra Leone ed Etiopia. Negli stessi paesi, 67 comunità rurali hanno potuto apprendere i vantaggi dell’introduzione di un sistema locale basato sull’uso delle stufe pirolitiche Elsa e del biochar come ammendante del suolo. In Ghana, il progetto ha favorito la nascita di una piccola impresa che produce stufe pirolitiche e pellet ottenuto da residui di produzioni agricole, come ad esempio i tutoli di mais e i gusci delle noci delle palme da olio. Ad oggi, più di 6.000 stufe migliorate sono state realizzate e distribuite, e l’impresa è diventata una concreta opportunità per le comunità locali.
Biochar Plus è una piccola ed efficace risposta ad alcuni grandi problemi dei paesi in via di sviluppo: lo sfruttamento delle risorse forestali per la produzione di energia per cucinare, l’esposizione di donne e bambini alle emissioni inquinanti (CO e particolato) determinati dall’uso nelle cucine di sistemi di combustione inefficiente, con i drammatici danni che questo provoca sulla salute, l’impoverimento della produttività dei suoli connesso ai fenomeni di deforestazione, erosione e agli impatti negativi dei cambiamenti climatici.
Siamo soddisfatti che il progetto abbia dato impulso ad iniziative che continuano a generare benefici, e che si sono radicate nel contesto locale grazie al contributo dei partner africani: l’Università di Jimma (Ethiopia), l’Università di Bindura (Zimbabwe), ASA Initiative (Ghana), l’Università di Lomè (Togo), CORD SL (Sierra Leone). Oltre all’Unione Europea che ha finanziato l’iniziativa, la nostra gratitudine va anche alla Commissione dell’Unione Africana, all’UNIDO e all’Università Cornell (USA), che hanno sostenuto e favorito il nostro lavoro.